mercoledì 22 gennaio 2014

The Notwist - Knog (new single)

E' stato appena pubblicato dall'etichetta Subpop il nuovo singolo dei veterani tedeschi dell'indie elettronica, The Notwist, che preannuncia il primo album dopo sei anni di assenza dalle scene, che verrà pubblicato il 24 febbraio prossimo in Europa e il 25 negli Stati Uniti. Il titolo dell'album sarà Close To The Glass. Questo è già il secondo singolo estratto dal nuovo album. Il primo, la title track dell'album, uscito a novembre, fu al centro di uno strano caso montato dalla label che aveva svelato in precedenza solo una quindicina di secondi del brano, chiedendo in rete chi riuscisse ad indovinare a quali artisti risalissero quelle note, fatte di atmosfere minimali su base elettronica, e ricevendo come risposte quasi un plebiscito per Thom Yorke. La Subpop ha dovuto prontamente smentire e svelare un paio di giorni dopo il primo singolo dei Notwist.
Qui di seguito i due brani pubblicati ufficialmente dalla band e dalla label americana.








venerdì 10 gennaio 2014

Silversun Pickups - Caninbal (new single)


I californiani Silversun Pickups, per festeggiare i dieci anni di carriera, rilasciano un nuovo singolo dal titolo Cannibal che sarà l'unico brano inedito della raccolta The Singles Collection, in uscita il prossimo 25 febbraio. Rispetto ai precedenti lavori Cannibal risulta arrangiata con tecniche più moderne, inglobando diversi suoni elettronici e digitali in sottofondo. Chissà se questo potrà influenzare il nuovo corso della band di Los Angeles, anche se per ora il leader Brian Aubert ha dichiarato che non è ancora imminente un seguito di Neck of the Woods: "Inizieremo a lavorare al prossimo album quando tutti saremo arrivati alla conclusione che sarà il momento. Non sappiamo ancora quando ciò avverrà ma io spero presto. Ho diverse strane idee che hanno bisogno di venire fuori."



mercoledì 8 gennaio 2014

Wild Beasts - Wanderlust (new single)


Wanderlust è il nuovo singolo dei Wild Beasts che anticipa di circa un mese e mezzo l'uscita del quarto album della band inglese. I quattro di Kendal, dopo essere stati accostati in passato a Peter Gabriel, Radiohead e Anthony and the Johnson questa volta sembrano mostrare il loro lato più pop ed elettronico abbandonando apparentemente quelle note di delicata psichedelia che caratterizzavano i precedenti lavori.
Appuntamento per il 24 febbraio con l'uscita di Present Tense.



Steve Mason - Monkey Minds in the Devil's Time



La Beta Band è stata forse la più grande band incompiuta proveniente dal Regno Unito. Quattro musicisti dal talento sopraffino, capaci di influenzare decine di gruppi (chi ha detto Blur?), bizzarri quanto basta per mandare alle ortiche tutte le aspettative che in loro erano riposte dopo la pubblicazione dei primi 3 seminali EP tra il 1997 e il 1998. Infatti, dopo altrettanti lavori su lunga distanza, il primo rinnegato, il secondo giudicato incompleto e il terzo a dire il vero piuttosto deboluccio, nel 2004 arriva l’inevitabile scioglimento che porta il former member Steve Mason dentro un tunnel depressivo dal quale oggi sembra uscito definitivamente con la pubblicazione del nuovo lavoro solista: Monkey Minds in the Devil’s Time
Non è stato a lungo con le mani in mano l’ex cantante dei Bandidos, avendo pubblicato già diversi album, prima a nome King Bisquit Time, poi come Black Affair e infine utilizzando il suo nome per un album, Boys Outside, vecchio di tre anni, che lo ha ricongiunto, finalmente in prima persona, con il pop folk. Ma è con Monkey Minds... che Mason si riporta sui livelli di un tempo, sfoderando un concept album dove l’eclettismo torna a braccetto con la contaminazione figlia della Beta Band. 

Il pretesto viene dai disordini inglesi del 2011 in cui Mason si è trovato coinvolto con la propria compagna, una rivolta che lui condivide nella sostanza ma non nella forma. Evoluzioni sociali che portano il singer scozzese a confrontarsi con i propri cambiamenti in una sorta di percorso terapeutico che si snoda in venti tracce, di cui solo nove sono canzoni vere e proprie, che esplicano il Mason-pensiero di una società troppo poco consapevole di come il mondo stia cambiando in peggio. E così ci si imbatte nel gospel in stile Spiritualized di Lonely, nell’elegante e americana Oh My Lord o nel manifesto funky di Fight Them Back, in un vorticoso cambio di scene che ci porta ad apprezzare pure l’intermezzo hip-hop di More Money More Fire che fa da intro alla bellissima Fire! un ipotetico brano estratto da un musical politicizzato.
Le altre undici composizioni costituiscono il collante tra i vari episodi e rimandano a quel discorso di sperimentazione interrotto dieci anni fa, realizzate in uno studio casalingo con segmenti che vanno da citazioni dell’Inferno di Dante (vedi anche la copertina) a telecronache automobilistiche in portoghese o sampler con discorsi di Tony Blair, da spezzoni di vecchie incisioni con la Beta Band fino a melodie che si ripetono in brani diversi come a dare un senso di circolarità all’opera.
Monkey Minds in the Devil’s Time, il titolo, si riferisce ad un termine buddista che indica un cervello facilmente distraibile, una mente estremamente labile, in un epoca in cui i media hanno la loro responsabilità nella (non) crescita delle persone. Mason ne è consapevole e lo grida al mondo con un album che rappresenta il suo credo, l’apice autobiografico della sua carriera, il tassello mancante dopo quei tre famosi EP di ciò che poteva essere e non è stato.




martedì 7 gennaio 2014

Arcade Fire - Reflektor



C’erano una volta gli Arcade Fire. La band che ha portato alla ribalta internazionale l’indie rock - genere fino ad allora relegato negli ambienti underground - e che ha spinto i media ad occuparsi finalmente della prolifica scena musicale canadese che dopo gli immensi Joni Mitchell, Neil Young e Leonard Cohen aveva partorito ben poca roba a livello rock mainstream, se non sonore schifezze, benché nel sottosuolo si dimostrava ben più che viva. 
In soli tre album, distanziati tra loro di tre anni ognuno, sono riusciti a creare un mood attorno alla loro musica diventando forse la rock band più influente degli anni 2000. Ed è stato subito amore a prima vista alle prime note di Funeral, non a caso stabilmente nelle prime 50 posizioni degli album più belli di sempre su RYM, forse esagerando un po’. 
Con i successivi Neon Bible (2007) e The Suburbs (2010) Win Butler e Regine Chassagne non hanno fatto altro che confermare il loro talento di compositori di ottime canzoni e di grandi performer, coadiuvati da un gruppo di validi musicisti ad impreziosire e diversificare i suoni, con lavori sempre maggiormente apprezzati anche dal grande pubblico. 

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New Model Army - Between Dog and Wolf



Ogni nuova uscita ufficiale dei New Model Army, da anni, e cioè da quando li vidi dal vivo per la prima volta in un locale della capitale, mi provoca una certa emozione mista ad ansia che, dopo ripetuti ascolti, si trasforma sovente in totale e liberatorio appagamento. Così è stato anche questa volta con Between Dog and Wolf, il cui titolo riprende un’espressione francese che tra le altre cose rimanda alla metamorfosi, lo spazio e l’ora di quando il giorno si getta nella notte, non è più giorno ma non è ancora notte. Questo è uno di quei dischi capaci di sorprenderti ad ogni ascolto quando ancora inizialmente si fatica ad entrarvi. 
Trent’anni sono passati ormai dal loro seminale album di debutto, Vengeance, fresco di ristampa in un cofanetto imperdibile per i cultori della Family, corredato da singoli e EP dell’epoca oltre a diversi brani dal vivo e demo. 

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domenica 5 gennaio 2014

Matilda Father Awards - I migliori album del 2013

Un po' in ritardo eccoci alla consueta classifica di fine anno che racchiude il meglio di ciò che è passato dalle mie parti, musicalmente parlando. Un 2013 che, pur non essendo stato ricco come l'anno precedente, ha visto diversi graditissimi ritorni (Alice In Chains, Black Sabbath, Wire, David Bowie, Johnny Marr, New Model Army e addirittura gli Spin Doctors) con lavori in alcuni casi molto interessanti. Tantissime sono state anche le piacevoli novità tra cui spiccano gli esordi delle Savages, dei Daughter, i Palma Violets o quello splendido degli Hookworms. Ma qui siamo in tema di classifiche e dobbiamo celebrare quei trenta album che, per il sottoscritto, sono e rimangono la crema di quest'annata appena trascorsa. Fiato alle trombe Turchetti.


1) Jonathan Wilson - Fanfare
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2) Chelsea Light Moving - Chelsea Light Moving
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3) Steve Mason - Monkey Minds in the Devil's Time

4) Nine Inch Nails - Hesitation Masks

5) Follakzoid - II

6) Thee Oh Sees - Floating Coffin

7) I Am Kloot - Let It All In

8) New Model Army - Between Dog And Wolf

9) Public Service Broadcasting - Inform Educate Entertain

10) Suuns - Images Du Futur

11) Kurt Vile - Waking On a Pretty Daze

12) The Black Angels - Indigo Meadow

13) Streetlight Manifesto - The Hands That Thieve

14) 65daysofstatic - Wild Light


15) Motorpsycho - Still Life With Eggplant

16) Hookworms - Pearl Mystic

17) Primal Scream - More Light

18) In Zaire - White Sun Black Sun

19) Wolf People - Fain

20) Sigur Ros - Kveikur

21) Blood Ceremony - The Eldritch Dark

22) Esben and the Witch - Wash The Sins Not Only The Face

23) Quasi - Mole City

24) Iron & Wine - Ghost On Ghost

25) Savages - Silence Yourself

26) Arbouretum - Coming Out of the Fog

27) Black Sabbath - 13


28) Steven Wilson - The Raven That Refused To Sing

29) Sungod - Kontakt

30) Wire - Change Become Us



E questa è la playlist che ho creato su Spotify per ascoltare una traccia per ognuno dei trenta album (anzi, 29 perchè quello di Steven Wilson purtroppo non è disponibile su Spotify) qui presenti nella classifica.





martedì 24 dicembre 2013

Jonathan Wilson - Fanfare

Da qualche giorno ho iniziato una collaborazione con Radiorock.to (The Original), la web radio che mette a disposizione ogni giorno un podcast di un'ora di musica da un podcaster a rotazione. In particolare io do il mio contributo con alcune recensioni di dischi recenti nella sezione del blog.
Parto subito questa settimana con la recensione dell'ultimo album di Jonathan Wilson, Fanfare, buttandomi subito su un grandissimo album di quest'anno che volge al termine.




Con ancora nelle orecchie il quasi esordio di due anni fa – il debutto vero e proprio fu pubblicato nel 2007 nell’indifferenza più totale – un grandissimo lavoro dove la psichedelia più acida incontrava magistralmente il cantautorato americano e il blues rock anni sessanta, ci apprestiamo a celebrare l’atteso ritorno di Jonathan Wilson.

Il polistrumentista californiano sveste ancora una volta i panni di instancabile produttore - a trentanove anni è già tremendamente complicato elencare tutti gli artisti con i quali ha collaborato - e, accompagnato da un gruppo di amici pescati tra il meglio che c’è in circolazione in ambito folk rock americano e non solo, realizza un’altra collezione di splendide canzoni dallo spiccato gusto retrò che è però riduttivo considerare solo in quest’ottica...

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