giovedì 28 novembre 2013

of Montreal - Lousy With Sylvianbriar

Dopo il pop kitch spruzzato di funk di False Priest (2010) e il progressive psichedelico di Paralytic Stalks (2012), e prima ancora altre decine di incarnazioni diverse, in Lousy With Sylvianbriar troviamo Kevin Barnes in uno dei suoi più riusciti travestimenti: il folk rock, ovviamente una rivisitazione nello stile inconfondibile e fuori dagli schemi degli of Montreal. Le influenze questa volta vanno da Neil Young a Bob Dylan fino ai Grateful Dead meno psichedelici, in cui mischia comunque qua e là i suoni e gli arrangiamenti che da sempre hanno intrigato Barnes, come nei coretti aciduli di Triumph of Disintegration o nelle melodie beat bowieane di She's Ain't Speakin' Now.
Lousy With Sylvianbriar è un album insolitamente adulto per una band che invece della frivolezza ha fatto un vanto, elegante, interessante e, cosa che più ci fa piacere, pieno di belle canzoni.



of Montreal - Fugitive Air (Lousy With Sylvianbriar)



lunedì 25 novembre 2013

65daysofstatic - Wild Light


Sì, tuttoattaccato. I 65daysofstatic non sono certo dei novellini ma, per chi non li avesse mai sentiti prima, può risultare ostico vedere il nome del gruppo scritto così e nondimeno, ascoltando il primo singolo estratto da Wild Light, potrebbero anche farsi un'idea distorta del tipo di musica da loro suonata.
In effetti l'ensemble di Sheffield è un'icona del post-rock inglese sin dal proprio album di debutto, The Fall of Math del 2004, in cui fecero intuire che avevano ottime idee per far evolvere questo genere fino ad allora un po' troppo statico, appunto, e raggiungendo in breve tempo band del calibro di Mogwai ed Explosions In The Sky nel cuore degli appassionati. Senza avere fino ad oggi sbagliato un colpo, con questo nuovo album rendono ancora più esplicita la svolta elettronica già accennata nei lavori precedenti, elettronica che ha il suo apice evidente nel primo singolo Prism e che caratterizza gli arrangiamenti di diversi momenti Wild Light, senza mai dimenticare i sentieri del post-rock da cui sono partiti e che rimangono oltremodo battuti anche stavolta in crescendi progressivi ed implosioni da togliere il fiato. Perchè va bene evolversi, ma i canoni del genere non possono non essere rispettati.


65daysofstatic - Prism (Wild Light)



venerdì 22 novembre 2013

The Yellow Dogs

Lo scorso 11 novembre la band iraniana-americana The Yellow Dogs è diventata all'improvviso conosciuta in tutto il mondo a causa di un cruento omicidio, un regolamento di conti probabilmente, che ha posto fine alle vite del chitarrista e del batterista, i due fratelli Soroush e Arash Farazmand. Il folle gesto, che ha causato anche la morte di un altro musicista esterno alla band, è stato commesso da un ex membro di un'altra band iraniana con sede a New Yorak, che in passato ha collaborato con gli Yellow Dogs. La tragica occasione ha permesso di far conoscere al mondo la musica di questo combo che in due anni ha pubblicato solo una manciata di singoli ma che sembrava avere del talento per emergere in un altro modo. Chissà se i restanti due componenti del gruppo avranno la forza di proseguire nel loro sogno, magari ricordando nelle loro canzoni i due amici scomparsi.
I due brani di cui sono stati girati dei video, visibili qui sotto, si intitolano This City e Dance Floor e hanno una carica davvero contagiosa. 








The Waterboys live in Rome


L'occasione era quella del venticinquennale della pubblicazione di quel Fisherman's Blues che rappresenta, forse assieme al precedente This is the Sea, l'apice della carriera dei Waterboys e la svolta irish folk che caratterizzerà definitivamente il sound della band da lì in poi. Nella splendida cornice dell'Auditorium della Conciliazione a Roma, non troppo pieno per la verità, Mike Scott, accompagnato dagli storici Anthony Thistlethwaite (sax e chitarra), Steve Wickham (violino), Trevor Hutchinson (basso e contrabbasso), oltre al recente innesto di Ralph Salmins (batteria), porta sul palco l'atmosfera e l'intensità che si respirava al tempo delle session di quel memorabile capolavoro, fondendo assieme classic rock, blues, folk e musica tradizionale irlandese in un mix di brani storici che ripercorrono gran parte della carriera della band scozzese. Mancano un paio di classici all'appello e a dirla tutta il suono che usciva dai diffusori dell'Auditorium non era poi così ben calibrato, ma nel complesso l'impressione che si è avuta dagli spalti è stata quella di un gruppo di artisti che ancora fanno quello che più gli piace, suonare le proprie canzoni ed entusiasmarsi per questo. Musica d'altri tempi, di una classe immensa.




The Waterboys - A Girl Called Johnny

The Waterboys - Fisherman's Blues

The Waterboys - We Will Not Be Lovers



giovedì 21 novembre 2013

Midlake - Antiphon



Antiphon, per i Midlake, è un vero e proprio punto di rottura con il passato, non foss'altro per il fatto di essere rimasti orfani del leader, nonchè autore di gran parte del materiale della band, Tim Smith, che ha abbandonato la propria creatura lo scorso anno, nel bel mezzo della stesura di questo quarto album.
Il timone dei Midlake a questo punto è stato preso dal secondo chitarrista Eric Pulido che, in accordo con il resto del gruppo, ha stracciato il materiale fin qui prodotto, che di conseguenza non sentivano più loro, e ha fatto virare il suono della band da un folk rock a carattere medievale ad un sound più moderno, più progressivo e, forse al contempo, più originale. Come dice Pulido: "Questo nuovo lavoro è la rappresentazione più onesta della band nel suo complesso, in contrasto con la visione di un'unica persona che però avevamo cercato di agevolare."
Senza scomodare i Pink Floyd, che dopo l'uscita, forzata, di Syd Barrett, hanno messo le basi per diventare quello che sono diventati, nel loro piccolo i Midlake potrebbero trovare giovamento da questo nuovo assetto e chissà se, come gli augura Tim Smith, senza di lui raggiungeranno un livello di notorietà molto maggiore.


Midlake - Provider (Antiphon, 2013)




mercoledì 20 novembre 2013

Brokeback - Brokeback and the Black Rock

Dopo una manciata di album pubblicati tra il 1997 e il 2003, il bassista dei Tortoise Doug McCombs rispolvera i suoi Brokeback realizzando un nuovo lavoro dal titolo Brokeback and the Black Rock in cui prevale il suono dilatato delle chitarre che fa molto paesaggio desertico e una prevalente atmosfera western alla Sergio Leone, nonchè qualche sprazzo di reminiscenze post rock.

Vi propongo la prima traccia Will Be Arriving, forse la più intensa e riuscita dell'intero album.




Brokeback - Will Be Arriving



Songs: Ohia - Magnolia Electric Co.

E' stato da poco ristampato, per il decennale della sua uscita, l'ultimo album a nome Songs: Ohia del compianto Jason Molina, scomparso nel marzo di quest'anno. Quel Magnolia Electric Co. che di lì a poco diverrà anche il nome della sua band, con la quale pubblicò altri tre lavori.


Ma è con il moniker Songs: Ohia che il folk singer di Lorain, cantautore malinconicamente intenso ed intimista, è maggiormente conosciuto e realizza le cose migliori. La ristampa di questo album del 2003, corredata da due bonus track e un secondo cd con le versioni demo delle canzoni originali, rende merito ad un artista che si è ricavato un posto importante nel panorama cantautoriale americano e che non va assolutamente dimenticato.



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